fbpx

Abuso contratti a termine, il 17 maggio Corte Costituzionale: 100mila docenti attendono stabilizzazione o risarcimento. I particolari

1762

FONTE: Orizzonte Scuola

Cresce l’attesa per l’udienza della Corte Costituzionale, prevista per il 17 maggio prossimo. La Consulta sarà chiamata a dare la propria interpretazione, si spera definitiva, sul contenuto della sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo del 26 novembre 2014 sull’abuso dei contratti a termine.

banner-corsi-perfezionamentoPotrebbe essere l’epilogo del lungo percorso iniziato dai precari negli anni scorsi e culminato con la clamorosa sentenza Mascolo, che aveva stigmatizzato le modalità di reclutamento del personale scolastico sottoposto a un massivo ricorso a contratti a termine ripetuti negli anni e nei decenni. Una prima udienza del 23 giugno 2015 era finita nel nulla poiché la Corte Costituzionale aveva rinviato il processo, poi la data è stata fissata al 17 maggio 2016. Sono interessati all’esito della vertenza oltre centomila precari, docenti e non docenti, legittimati a vario titolo e con diverse abilitazioni, e anche lavoratori intanto entrati in ruolo, in ordine al diritto alla stabilizzazione e al risarcimento dei danni. Tanti processi di primo e secondo grado sono stati sospesi proprio in attesa della sentenza della Consulta. Una delle vertenze del 17 maggio sarà seguita dall’avvocato Vincenzo De Michele, del Foro di Foggia, l’artefice principale dell’azione giudiziaria che aveva aveva portato alla vittoria epocale a Lussemburgo.

Avvocato Vincenzo De Michele, il mondo della scuola attende con trepidazione l’udienza della Corte Costituzionale prevista per il 17 maggio 2016, che dovrà finalmente dare una propria interpretazione della sentenza Mascolo della Corte di Giustizia di Lussemburgo in ordine alle migliaia di posizioni giudiziarie pendenti presso Tribunali e Corti d’Appello di tutta Italia.

“E’ un’attesa giustificata, perché è stata la Corte costituzionale che ha interrogato la Corte di giustizia con l’ordinanza n. 207/2013 sulla compatibilità del sistema di reclutamento pubblico scolastico con l’ordinamento dell’Unione europea e, in particolare, con la direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato. E’ stata, in verità, una domanda a risposta obbligata negativa. La Corte costituzionale, andando contro la sentenza n.10127/2012 della Cassazione che aveva ritenuto compatibile con la direttiva europea il sistema di reclutamento scolastico e aveva intimato i Giudici nazionali di non sollevare alcuna pregiudiziale Ue sulla questione, aveva già evidenziato che non esisteva nessuna misura preventiva antiabusiva per le supplenze della scuola pubblica, neanche il risarcimento dei danni. Quindi, la sentenza Mascolo della Corte di giustizia è, in fondo, una sentenza scontata e concordata perché non fa altro che confermare la posizione della Corte costituzionale sul precariato scolastico, aggiungendo al punto 55 per il precariato pubblico non scolastico dell’educatrice dell’asilo comunale di Napoli la soluzione della stabilità lavorativa come sanzione adeguata contro gli abusi nella successione dei contratti a termine, una volta superati i 36 mesi di servizio, in applicazione dell’art. 5, comma 4-bis, d.lgs. n. 368/2001, come aveva richiesto il Tribunale di ricorso-diploma-magistrale-gaeNapoli. Non casualmente il Governo Letta, un mese e mezzo dopo l’ordinanza di rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale, ha preparato due percorsi di stabilizzazione del precariato pubblico molto simili a quelli già previsti dal Governo Prodi con le due leggi finanziarie n. 296/2006 e n. 244/2007, sempre sul presupposto della maturazione dei 36 mesi di servizio, con il d.l. n. 101/2013 (per il pubblico impiego non scolastico) e con il d.l. n.104/2013 (per la scuola pubblica e i conservatori di musica). Contemporaneamente, il Governo Letta ha tentato di bloccare il contenzioso, introducendo nel testo unico sul pubblico impiego (d.lgs. n.165/2001) due norme che impedivano e impediscono ogni tutela, l’art.36, comma 5-ter, che non consente la trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti temporanei anche in caso di successione dei contratti oltre i 36 mesi di servizio, e l’art. 36, comma 5-quater che dichiara nullo e quindi privo anche dei presupposti del risarcimento dei danni il contratto a tempo determinato stipulato per carenze strutturali di organico e non per esigenze temporanee o eccezionali. Questa situazione normativa è stata rappresentata dall’avvocatura dei lavoratori alla Corte di giustizia, che ha risposto nel modo innanzi precisato”.

Già in passato la Consulta avrebbe dovuto esprimersi per dare una propria interpretazione alla sentenza Mascolo, ma poi aveva rimandato la decisione. Si potrà finalmente scrivere la parola fine?

“Lei si riferisce sicuramente al rinvio dell’udienza pubblica del 23 giugno 2015 all’attuale udienza del 17 maggio 2016, sempre in pubblica udienza, delle identiche questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Roma e Lamezia Terme, già esaminate dalla Corte di giustizia nella sentenza Mascolo, nonché dal Tribunale di Trento, riproposte dopo essere state dichiarate inammissibili dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n.206/2013, di cui una riguarda il sistema di reclutamento dei docenti dei Conservatori di musica del Comparto Afam, che sarà discussa nella camera di consiglio del 18 maggio 2016. Io credo che la Corte costituzionale avesse già dato la risposta con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale del luglio 2013 e che la parola fine, sul piano giuridico, sia stata già data dalla Corte di giustizia prima con l’ordinanza Papalia del 12 dicembre 2013 poi con la sentenza Mascolo del 26 novembre 2014”.

In quell’occasione era sembrato che la Consulta avesse voluto rimandare al legislatore il compito di risolvere il problema. E’ così?

“Era infatti del legislatore il compito di risolvere il problema, non della giurisdizione. Quando ci arrivò l’avviso della Cancelleria della Corte costituzionale che l’udienza del 23 giugno 2015 era rinviata a nuovo ruolo, due giorni prima dell’udienza, era in corso di approvazione in Parlamento il disegno di legge denominato La Buona scuola, che sarebbe poi stato approvato come legge n. 107/2015. Il Governo aveva, dunque, promesso che avrebbe risolto il problema del precariato scolastico e il Giudice delle leggi aveva l’obbligo morale di dare al legislatore nazionale la possibilità di completare il percorso intrapreso. Se poi la legge n.107/2015 ha lasciato fuori dalla stabilizzazione, oltre ai collaboratori scolastici, anche una platea di decine di migliaia di docenti abilitati pas, tfa, diplomati magistrali, ecc., mentre ha previsto la stabilizzazione nella fase C del cosiddetto potenziamento di decine di migliaia di docenti per la mera circostanza di essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, moltissimi dei quali senza nessun titolo di promoservizio nella scuola pubblica e con il possesso della sola specializzazione SISS, nascondendo le cattedre vacanti effettivamente a disposizione per costringere i docenti della fase B alla lotteria degli spostamenti territoriali, per poi farle ricomparire una volta operata la incontrollata cyberselezione e assegnarle come supplenze agli stessi migranti prima fino al 31 agosto, poi fino al 30 giugno per nascondere fantozzianamente la circostanza che si trattava di cattedre già disponibili per l’assunzione a tempo indeterminato, tutto questo è merito esclusivo del Governo Renzi. Del resto, questa situazione è stata rappresentata da noi avvocati all’udienza del 27 aprile 2016 davanti all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulla questione dell’inserimento nelle gae dei diplomati magistrali fino all’anno scolastico 2001/2002, e mi pare che il massimo Organo della Giustizia amministrativa abbia ben compreso la gravità del problema delle stabilizzazioni fatte in modo discriminatorio, confermando così il precedente orientamento favorevole ai lavoratori. La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, il giorno dopo, cioè il 28 aprile 2016, ha concesso in via cautelare ai laureati non abilitati e ai diplomati magistrali di area scientifica la possibilità di partecipare al concorsone che comporta per docenti già in servizio da anni nella scuola pubblica dopo essersi già abilitati all’insegnamento, in caso di superamento, l’assunzione per tre anni come apprendisti a retribuzione ridotta. Una scelta demenziale.”

Se è così, questo potrebbe incidere sull’orientamento della Consulta?

“Mi pare che la Consulta abbia già deciso e in senso favorevole ai lavoratori precari. Con la sentenza n. 260 dell’11 dicembre 2015 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima una norma del 2013 che, in via interpretativa, impediva ogni tutela antiabusiva ai lavoratori saltuari dello spettacolo alle dipendenze delle Fondazioni lirico-sinfoniche, che nel 2010 sono state trasformate in Organismi nazionali di diritto pubblico, cioè in Enti pubblici non economici, come riconosciuto da una precedente sentenza n. 153/2011 della stessa Corte costituzionale. La sentenza Cartabia-Sciarra (rispettivamente Presidente ed Estensore della importante decisione) ha affermato che, in base alle sentenze Mascolo e Commissione contro Granducato di Lussemburgo della Corte di giustizia, le ragioni oggettive temporanee di apposizione del termine al contratto di lavoro rappresentano il punto di equilibrio tra il diritto dei lavoratori alla stabilità nel posto di lavoro e le esigenze peculiari del settore in cui operano. Sostanzialmente, si tratta anche di una pesantissima censura al Jobs act e ai contratti acausali a tempo determinato, oltre che il cesello del dialogo diretto tra la Corte costituzionale italiana, unica tra le Corti costituzionali europee, e la Corte di giustizia. La Consulta afferma che per i 34 singoli contratti a termine della lavoratrice dello spettacolo della Fondazione del Teatro musicale del Maggio fiorentino è necessario che sussistano le esigenze temporanee per ogni singolo contratto, altrimenti, come aveva già deciso il Tribunale di Firenze accogliendo la domanda della lavoratrice, il contratto si trasforma a tempo indeterminato alle dipendenze di un Ente pubblico non economico, cioè di una pubblica amministrazione. Altro che divieto di conversione nel pubblico impiego e altro che superamento dei 36 mesi per essere assunti a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione! Potrebbe beneficiarne anche tale Matteo, che il 14 maggio 2011 ha lavorato per un giorno presso il Teatro musicale del Maggio fiorentino con qualifica di attore di prosa e allievo attore. Se non vi erano ragioni oggettive per assumerlo per un solo giorno, potrebbe chiedere in via giudiziale la trasformazione a tempo indeterminato e la ricostruzione economica, contributiva ed assicurativa del rapporto dal momento dell’illegittimo recesso e fino all’effettivo ripristino”.

Il premier fu un attore attore di prosa, pare di capire. Ma cosa devono aspettarsi gli altri attori, i precari che hanno una causa in corso, specie coloro che nel frattempo sono passati di ruolo?

“Devono attendere l’esito dell’udienza pubblica del 17 maggio 2016 davanti alla Corte costituzionale sul precariato pubblico scolastico e non. Mi riferisco, in questo caso, ai docenti precari dei Conservatori di musica”.

Coloro che hanno già ottenuto in primo grado il risarcimento dei danni, potrebbero vederselo ridotto o aumentato dall’autorità giudiziaria di secondo grado e dalla Cassazione una volta riassunto il processo e in applicazione del nuovo orientamento della Corte Costituzionale?

IL SERVIZIO PARITARIO VA VALUTATO COME TUTTO IL PRE-RUOLO - RICORRI
IL SERVIZIO PARITARIO VA VALUTATO COME TUTTO IL PRE-RUOLO – RICORRI

“Se l’esito della causa davanti alla Corte costituzionale sarà quello auspicato da noi avvocati, cioè la declaratoria di illegittimità costituzionale non solo dell’art. 4, commi 1, 2 e 14-bis, della legge n. 124/1999, ma anche dell’art. 36, commi 5, 5-ter e 5-quater, del d.lgs. n. 165/2001, nonché dell’art. 10, comma 4-bis, d. lgs. n. 368/2001 e dell’art. 29, comma 2, lett.c), d.lgs. n. 81/2015, cioè di tutte quelle norme che impediscono ogni tutela sanzionatoria in caso di abusivo utilizzo dei contratti a termine nel pubblico impiego scolastico e non, bisognerà verificare lo stato delle singole cause. Se ci si è accontentati del risarcimento dei danni già liquidato dal giudice di primo grado o dal giudice di appello senza proporre appello – o ricorso per Cassazione – né principale né incidentale, il docente potrà difendere agevolmente la sanzione risarcitoria già riconosciuta. Se invece non ci si è accontentati del risarcimento del danno, e non si è ancora ottenuta la stabilizzazione, si potrà insistere sulla sanzione effettiva che dovrebbe risultare dalla sentenza della Corte costituzionale, in attuazione delle indicazioni fissate dalla sentenza Mascolo, come già avvenuto con la sentenza n. 260/2015 della Consulta, cioè l’assunzione a tempo indeterminato dei contratti a termine successivi e la ricostruzione integrale economica, normativa e previdenziale del rapporto di lavoro”.

Nel frattempo la Corte di Cassazione si è espressa sulla quantificazione del danno da abuso di contratti a termine, escludendo peraltro l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di trasformare i contratti da tempo determinato a tempo indeterminato.

“Si tratta delle sei sentenze nn. 4911-4912-4913-4914-4915-5072 del 14 e 15 marzo 2016, su cause tutte discusse all’udienza pubblica del 1 dicembre 2015, con cui le Sezioni unite della Cassazione hanno tentato la famosa operazione Frankenstein, cioè quella di far resuscitare una norma abrogata – l’art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010 – intimando ai giudici di merito di applicarla ‘in via analogica’ sul risarcimento dei danni da 2,5 a 12 mensilità, pur avendola privata della sua sanzione più efficace, cioè la conversione in contratto a tempo indeterminato dei contratti a tempo determinato illeciti o irregolari. Rappresentano un chiaro attacco alla Corte costituzionale, accusata di aver cambiato idea rispetto alla sentenza n. 89/2003 sui collaboratori scolastici, e di aver applicato i principi della sentenza Mascolo nella decisione sulle Fondazioni pubbliche lirico-sinfoniche. Infatti, non a caso, a gennaio 2016 sul Foro italiano è apparso un commento fortemente negativo alla sentenza n. 260/2015 della Corte costituzionale, accusata di aver sbagliato in fatto e in diritto. Oltre all’assurdità sugli inesistenti errori in fatto – la Consulta si è limitata a ricostruire i fatti come erano stati ricostruiti nell’ordinanza di rinvio della Corte di appello di Firenze, ordinanza che evidentemente non era stata letta da chi ha fatto la nota critica – la sentenza Sciarra sui precari pubblici dello spettacolo è incredibilmente accusata di aver applicato sentenze non pertinenti della Corte di giustizia, cioè le sentenze Mascolo e Commissione contro Granducato di Lussemburgo, mentre avrebbe dovuto applicare l’ordinanza Vino della Corte europea, che riguarda una decisione – peraltro sbagliata e ampiamente superata dalla giurisprudenza successiva – di un solo contratto acausale di Poste italiane su cui la Cgue si era dichiarata incompetente a decidere. Le Sezioni Unite nelle sentenze del 14-15 marzo 2016 dimostrano di non aver compreso la gravità degli errori già commessi nelle precedenti sentenze n. 392/2012 sull’onere della prova a carico del lavoratore, censurata dalla Corte di giustizia con l’ordinanza Papalia, e n. 10127/2012 sul sistema di reclutamento scolastico ritenuto compatibile con la direttiva 1999/70/CE, demolita dall’ordinanza di rinvio pregiudiziale n. 207/2013 della Corte costituzionale e quindi dalla sentenza Mascolo della Corte di giustizia. Come irata e autarchica reazione a queste due clamorose bocciature ricevute dalla Cassazione, le Sezioni unite, invece di sollevare questione di legittimità costituzionale o attendere l’esito dell’udienza del 17 maggio 2016 in Corte costituzionale, oppure di sollevare nuove pregiudiziali Ue come richiesto dalla difesa dei lavoratori in cinque delle sei cause e come era obbligata a fare ai sensi dell’art.267, comma 3, del Trattato per il funzionamento dell’Unione europea in qualità di Giudice di ultima istanza, ha preferito assumere una posizione del tutto autonoma, contra legem, contro la Corte di giustizia (sentenze Mascolo, Marrosu-Sardino e ordinanza Papalia), contro la Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza Dhabhi, che ha sanzionato l’Italia perché la Cassazione non ha sollevato la pregiudiziale comunitaria per essendo obbligata a farlo, senza neanche motivare sul punto del mancato rinvio, riconoscendo altresì al lavoratore tunisino a titolo di risarcimento dei danni l’intero importo degli assegni familiari che gli erano stati negati nei tre gradi del giudizio nazionale), contro la Corte costituzionale (ordinanza n. 207/2013 e sentenza n. 260/2015) e, pur non avendo margini discrezionali nelle soluzioni interpretative, si è trasformata in legislatore delle necropoli giuridiche, riesumando in parte una norma abrogata per garantire una modesta e non richiesta regalia a parzialissimo ristoro dei danni subiti in caso di abusivo utilizzo dei contratti a termine”.

Se è così, quanto potrà incidere questa decisione sulla posizione che assumerà la Consulta?

“Moltissimo. Le sentenze Frankenstein sono un’offesa al buon senso e all’equità, violano in maniera inaccettabile il principio di equivalenza con i lavoratori del settore privato e costituiscono un gravissimo conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, perché invadono il campo di pertinenza dei due Giudici che avrebbero dovuto risolvere le questioni di merito del precariato pubblico che aveva superato i 36 mesi di servizio, applicando i principi della sentenza Mascolo: il Tribunale di Napoli, che già ha risolto il problema stabilizzando sia i supplenti della scuola pubblica sia l’educatrice di asilo comunale Russo, così inducendo apprezzabilmente il Comune di Napoli a stabilizzare in via amministrativa tutti i precari dei propri asili comunali. E la Corte costituzionale, che peraltro ha il compito di risolvere i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato e che, recentemente, ha annullato con la sentenza n. 52/2016 proprio una sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, impugnata dalla Camera dei deputati e dal Governo. All’udienza del 17 maggio 2016 si discuterà di situazioni soggettive di almeno due docenti di area tecnica, inseriti nelle gae ma non ancora stabilizzati e che hanno anche partecipato al giudizio in Corte di giustizia definito dalla sentenza Mascolo, che non sono neanche destinatari della possibilità di partecipare al concorsone, che hanno ovviamente superato i 36 mesi di servizio già nel 2011, come accertato anche dalla Corte europea. Nella successiva camera di consiglio del 18 maggio 2016 la Corte costituzionale dovrà decidere sulle posizioni dei docenti ancora precari nei Conservatori di musica che, pur avendo conseguito idoneità all’insegnamento e superato abbondantemente con supplenze annuali i tre anni accademici di servizio, non sono stati ancora stabilizzati e il regolamento per consentirne l’immissione in ruolo, voluto dal Governo Letta con il d. l. n. 104/2013, non è stato mai adottato dal Governo successivo. Io credo che se è stata stabilizzata tale Agnese, inserita nelle gae con il solo titolo SISS e senza servizio nella scuola pubblica, debba essere stabilizzata anche tale Carla, docente di area tecnica inserita nelle gae e che ha superato abbondantemente già nel 2011 i 36 mesi di servizio ma non destinataria della stabilizzazione prevista dalla legge n.107/2015. Non è più o non è solo una questione giuridica, è soprattutto una questione di dignità dell’ordinamento e di lealtà nei confronti dei cittadini italiani e della Istituzione giudiziaria europea. La Corte costituzionale, peraltro, dovrà intervenire per salvare non solo il suo ruolo di garante della Costituzione e del dialogo diretto con la Corte di giustizia, ma anche per evitare il caos giudiziario di decine di migliaia di ulteriori azioni dei lavoratori precari pubblici, insoddisfatti dalle soluzioni risarcitorie “imposte” fuori dalla sua competenza dalle Sezioni unite, sia davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo sia davanti ai giudici nazionali per la flagrante violazione del diritto Ue commessa dalla Cassazione”.

Il risarcimento dei danni è cosa diversa e aggiuntiva rispetto al riconoscimento integrale della carriera preruolo. E’ così?

“La perla del ‘danno extracomunitario’ da 2,5 a 12 mensilità inventata dalle Sezioni unite è comunque cosa diversa e aggiuntiva rispetto al riconoscimento integrale della carriera preruolo. Sul punto, la giurisprudenza della Cassazione nelle cause ‘Meridiana’ proprio sull’applicazione dell’art. 32, comma 5, della legge n.183/2010 è ormai consolidata, in questo caso a favore dei lavoratori”.

Nei giorni scorsi il Tribunale di Trapani ha proposto a un ricorrente una transazione e cioèla rinuncia evidentemente a risarcimenti e ricostruzione integrale di carriera a fronte dell’assunzione a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica anche ai fini previdenziali dall’1 settembre 2014. Che ne pensa?

“Che è una proposta molto intelligente per i risarcimenti dei danni, che non condivido la rinuncia alla ricostruzione di carriera a meno che tale rinuncia non sia limitata ai periodi non lavorati, ma che sarà praticabile soltanto se e nella misura in cui la Corte costituzionale dichiarerà illegittime le norme che impediscono ogni tutela sanzionatoria nel pubblico impiego. Io lo spero, perché lavorerebbero stabilmente decine di migliaia di precari pubblici senza oneri finanziari per lo Stato, e soprattutto noi avvocati potremmo riposare almeno una quindicina di giorni d’estate. Credo che anche noi avvocati, precari stabili per scelta, abbiamo diritto ad un po’ di ferie, così come il legislatore ha il dovere di rispettare la Costituzione e le direttive europee e di produrre regole dal volto umano, che non favoriscano clientele e non provochino la corruzione dell’etica sociale”.

In questo articolo