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Supplenze mentre si è in compresenza, docente si può rifiutare. Il tribunale gli dà ragione

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Fonte:www.orizzontescuola.it – Succede in una scuola del Trevigiano e il ricorso è stato seguito (non che ci è stato segnalato) dallo SNALS Treviso. Un dirigente irroga una sanzione disciplinare ad un docente che si rifiuta di effettuare una supplenza.

L’ordine scritto da parte del dirigente scolastico arriva alle ore 8.25, mentre il ricorrente stava facendo lezione nella livelli-lingua-inglese1classe quinta e chiedeva di recarsi a prestare attività presso un’altra classe, assegnata ad altro docente, dalle ore 8.50 alle ore 9.40.

Il docente aveva, con atto scritto e protocollato, fatto constare il proprio dissenso, motivando le ragioni per le quali riteneva l’ordine non legittimo, ed un tanto in base a quanto previsto dall’art. 17 d.p.r. 3/57.

Il D.S. non aveva reiterato l’ordine e, il 29 dicembre 2012, gli aveva contestato la violazione dell’obbligo di obbedienza e dell’obbligo di vigilanza, nonché l’interruzione di pubblico servizio; era seguita la sanzione impugnata.

Secondo i giudici la sanzione è illegittima. Infatti, a seguito dell’ordine di prestare servizio presso la classe seconda, il docente ha fatto protocollare l’atto di rimostranza nel quale rilevava di essere impegnato nella classe quinta “ove è presente anche alunno con sostegno e che lo spostamento sottrae alla stessa classe quinta un’ora di lezione di laboratorio della materia di cui gli alunni hanno diritto per legge”, e che concludeva “non ritenendo legittimo l’ordine di servizio suddetto chiede di rimanere per il giorno 20/12/2011 dalle ore 8.50 alle ore 9.40 in servizio presso la classe quinta”.

L’art. 17 recita :”l’impiegato al quale dal proprio superiore venga impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza allo stesso superiore dichiarandone le ragioni. Se l’ordine è rinnovato per iscritto, l’impiegato ha il dovere di darvi esecuzione. L’impiegato non deve comunque eseguire l’ordine del superiore quando l’atto sia vietato dalla legge penale”.

Nel caso in esame, il ricorrente, ha dichiarato le ragioni per le quali riteneva l’illegittimità dell’ordine ma esso non è stato reiterato.

Per altro -ma concomitante- verso, il ricorrente nell’atto di rimostranza non ha -testualmente- rifiutato di eseguire l’ordine, invece chiedendo di rimanere nella propria classe in attesa di ulteriori direttive che non sono state impartite.

Stante il tenore dell’art. 17 ed il tenore dell’atto di rimostranza, i giudici hanno ritenuto di dovere concludere che la disobbedienza all’ordine (suscettibile di conseguenze disciplinari) avrebbe potuto concretarsi solo a seguito della conferma dell’ordine stesso seguente alla rimostranza, e che il carattere -almeno letteralmente- interlocutorio dell’atto di rimostranza osti a ritenere integrati i presupposti per la violazione del dovere di obbedienza in assenza della reiterazione, o conferma, della direttiva da parte del Dirigente.

La valutazione, effettuata dal Dirigente, circa l’opportunità di spostare il docente nella classe seconda (composta da allievi minorenni e, comunque, più giovani di quelli della classe V nella quale il ricorrente stava insegnando) si presenta come incensurabile, essendo risultato conclamato (si vedano le dichiarazioni effettuate in udienza dal ricorrente) che a seguito dello spostamento temporaneo la classe V (composta da pochissimi ragazzi, ancorché uno di essi con problemi di disabilità) non sarebbe rimasta scoperta, in quanto in quelle ore era prevista la compresenza con altro insegnante, che sarebbe rimasto con la quinta mentre il docente avrebbe svolto la propria attività nella seconda classe.

Le valutazioni di cui sopra, tuttavia, sono valutazioni sostanziali che non incidono sul dato formale per il quale, in presenza di una rimostranza fatta constare motivatamente, l’ordine avrebbe dovuto essere reiterato; e ciò in quanto l’art. 17 non richiede che l’ordine risulti, anche a posteriori, oggettivamente illegittimo ma solo che tale illegittimità venga ritenuta sussistere dall’impiegato che lo riceve.

Consegue, la sanzione impugnata va revocata con restituzione delle trattenute stipendiali effettuate a seguito della relativa irrogazione.

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