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Non si può dire ad un preside che ha un “comportamento squallido”. Docente condannato

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FONTE: Orizzonte Scuola

E’ quanto stabilito dalla sentenza n. 17603 del 28 aprile u.s. della prima sezione penale della Corte di Casasazione, chiamata ad esprimersi su una vicenda, che ha visto contrapposti il dirigente scolastico e un docente di un liceo di Cagliari.

banner-corsi-perfezionamentoNel corso di una riunione, il docente, nell’esercizio delle sue funzioni sindacali, prende le difese di un collega e poi pubblica nella bacheca sindacale dell’Istituto un volantino in cui definisce “squallido”il comportamento del dirigente scolastico.

Quest’ultimo, chiama in giudizio il professore, che viene condannato dal tribunale monocratico di Cagliari, nel maggio del 2014, al pagamento di una multa di 400 euro. Tale condanna è poi confermata dalla Cassazione, secondo cui le frasi utilizzate nel volantino sono “offensive” e volte “ledere la dignità morale, professionale e intellettuale dell’avversario”e nulla hanno a che fare con il diritto di critica, cui si era appellato il docente.

Perché le affermazioni utilizzate dall’insegnante non rientrano nel diritto di critica? Perché, sostiene la Cassazione, «la critica, quando si esprime nella stigmatizzazione di comportamenti o fatti,deve avere per connotato essenziale l’obiettivo di contribuire all’approfondimento della conoscenza ed alla formazione di un giudizio autonomo da parte dei destinatari del messaggio», connotato assente nel volantino pubblicato nella bacheca sindacale della scuola.

Sempre riguardo al diritto di critica, la Cassazione afferma che tale diritto, pur concretizzandosi in un’opinione fondata necessariamente su un’interpretazione soggettiva dei fatti, non può oltrepassare determinati limiti quali

la rilevanza sociale dell’argomento e la correttezza d’espressione. Limiti che nel caso in questione non sono stati rispettati, poiché sì è trattato di attacchi personali volti a colpire la dignità morale del soggetto criticato

Come il tribunale monocratico di Cagliari, quindi, anche la Cassazione considera diffamatorie le espressioni utizzate contro il DS, in quanto le accuse a questi indirizzate sono generiche e tali da non permettere la ricostruzione della vicenda, e ancora volte a colpire la persona in quanto tale e non per la carica rivestita. Le offese, dunque, si sono configurate come un attacco alla sfera personale del destinatario

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