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Addio per migliaia di insegnanti di seconda lingua

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Oggetto: Perché nessuno parla degli insegnanti precari della seconda lingua straniera che perderanno il lavoro a causa dei regolamenti attuativi della legge 133 del Ministro Gelmini?
Gentili giornalisti,
sono un’insegnante di francese di Scuola Secondaria di I grado. Sono laureata in Lingue Straniere ed ho l’abilitazione SSIS. Sono presente fra migliaia di precari nelle graduatorie scolastiche ed ora, dopo alcuni anni di insegnamento della lingua francese nella scuola media, improvvisamente, sarò senza lavoro, come decine di migliaia di insegnanti precari della seconda lingua (francese,spagnolo, tedesco). Tutto ciò a causa di una geniale idea del Ministro Gelmini: potenziare l’inglese a scapito della seconda lingua. Dai regolamenti attuativi della legge, emerge chiaramente che saranno tutelati e garantiti soltanto i posti degli insegnanti “di ruolo”, cioè quelli con contratto a tempo indeterminato; ma forse il Ministro ha dimenticato che circa la metà degli insegnanti che lavorano nelle scuole italiane hanno un contratto a tempo determinato, cioè sono precari. Allora io e tutti gli insegnanti precari di seconda lingua, a cui lo Stato italiano ha chiesto di conseguire una laurea e una abilitazione, che fine faremo?
Vorrei esprimere qualche dubbio su questa scelta del Ministro:
– La conseguenza immediata è l’altissimo rischio di perdita del posto di lavoro degli insegnanti precari della seconda lingua. Siamo tutti insegnanti giovani e medio-giovani, molto motivati (forse proprio perché precari), preparati (perché l’accesso alle SSIS, chiuse qualche mese fa dal Ministro, è stato altamente selettivo; ad esempio per il francese solo 20 persone all’anno in tutto il Lazio). Insomma, mentre gli anziani insegnanti “di ruolo” conservano il posto, la scuola italiana perderà proprio quegli elementi che avrebbero risollevato le sue sorti dal punto di vista qualitativo.
– Vorrei osservare, inoltre, che il precariato della scuola è diverso da tutte le altre forme di precariato presenti in Italia: la posizione che ha un insegnante nelle graduatorie scolastiche consente a tale insegnante di sapere, grosso modo, quanto durerà la propria condizione di precario. Molti insegnanti, perciò, hanno fatto progetti di vita proprio basandosi sulla propria posizione nella graduatoria scolastica, ad esempio hanno messo su famiglia, hanno sottoscritto un mutuo, ecc. Ora io, come gli altri insegnanti di seconda lingua, rischiamo di essere spazzati via e, con noi, anche i nostri progetti di vita.
– Riguardo alle modalità di potenziare l’inglese: Siamo sicuri che 5 ore di inglese migliorino la competenza linguistica degli alunni? È probabile. Certamente 5 ore sono meglio di 3, ma se la qualità dell’insegnamento resta invariata, il cambiamento sarà minimo. Tanti esperti hanno suggerito di utilizzare l’inglese come lingua veicolare per insegnare altre discipline. Questo sì che sarebbe un salto di qualità! Ad esempio, nel corso dell’anno scolastico alcune lezioni di musica, alcune lezioni di tecnologia, alcune di scienze, alcune di geografia potrebbero essere tenute in inglese dall’insegnante di inglese. Questo sì che è un modo intelligente di insegnare ed apprendere una lingua! Solo se la lingua viene effettivamente utilizzata in reali contesti comunicativi, solo se essa è contestualizzata in specifici settori (geografia, musica, scienze, tecnologia, storia appunto) essa può essere veramente appresa. Lo dicono i più grandi linguisti e pedagogisti. E tale approccio sarebbe auspicabile anche per la seconda lingua che, invece, purtroppo è stata declassata e ridotta a 2 sole ore settimanali (ma in molte scuole la terza ora è stata intelligentemente recuperata come ora opzionale extracurriculare).
– È certamente una regressione, per la scuola italiana, quella determinata dalla perdita della seconda lingua straniera. Mentre in Europa tutti i Paesi, anche l’Italia, hanno aderito agli accordi di Lisbona che promuovono il multilinguismo ed hanno sottoscritto la direttiva del Consiglio Europeo di Barcellona (15-16 marzo 2002) che raccomanda “l’insegnamento di almeno due lingue straniera sin dalla giovane età”, l’Italia regredisce verso il monolinguismo. L’art. 126 del trattato di Maastricht sottolinea l’importanza dell'”apprendimento e della diffusione delle lingue degli Stati membri”; il IV Obiettivo Generale del Libro Bianco di Cresson (1997) su istruzione e formazione dichiara che la conoscenza di “almeno due lingue comunitarie oltre a quella materna” è ormai una “condizione indispensabile per permettere ai cittadini dell’Unione Europea di beneficiare delle opportunità professionali e personali offerte dal grande mercato interno senza frontiere”. E che dire del Label Europeo in Italia? Si tratta di un progetto lanciato con successo dalla Commissione Europea nel 1998 che riguarda tutte le iniziative che promuovono l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue; ebbene, in Italia i 2 coordinatori nazionali del Label Europeo sono (udite… udite…) il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale per tutto l’ambito della formazione professionale e il Ministero della Pubblica Istruzione per il settore dell’educazione scolastica. Allora io mi chiedo: il Ministero del Lavoro continua a promuovere la formazione multilingue per favorire la mobilità dei lavoratori, mentre il Ministero del Lavoro cancella la seconda lingua? I due ministeri perseguono politiche contrastanti. Il ministro del lavoro non sa che il ministro dell’istruzione sta venendo meno agli accordi europei? Penso proprio che veramente non lo sa. Tutti sanno che i programmi europei di mobilità studentesca come i programmi Socrates, Erasmus, Comenius, Gruntvig, Minerva, Lingua, Leonardo da Vinci, ecc., si fondano sull’apprendimento linguistico e lo rendono garanzia di una futura mobilità dei cittadini. Ma, chi mai si metterà a studiare una seconda lingua straniera da grande se non l’ha iniziata alla scuola media? Che fine faranno tutti questi programmi? Si faranno solo in inglese? Sarebbe assurdo!
– Si potrebbe ribattere a queste osservazioni dicendo che la legge del Ministro Gelmini non cancella esplicitamente la seconda lingua, ma semplicemente la rende opzionale, dando la facoltà ai genitori di ogni alunno di scegliere se fare 3 ore di inglese + 2 di seconda lingua o se fare 5 ore di inglese e basta. È molto probabile che la maggioranza dei genitori semplicisticamente optino per la seconda possibilità, perché  “è meglio studiare bene una lingua che farne male due”, perché “l’inglese è più importante del francese o del tedesco”, perché “è sempre possibile iniziare a studiare un’altra lingua da grandi, semmai dovesse servire”. Il problema è che non c’è un’adeguata informazione su queste tematiche. Il più delle volte i genitori scelgono delle opzioni seguendo mode o tendenze o per “sentito dire”.
– La realtà è che per potenziare l’inglese non ci sono soldi. Sarebbe stato molto semplice e più giusto aggiungere le 2 ore in più come lezioni opzionali in orario extracurricolare; ma come pagarle? E così, si è pensato bene di “sostituire” anziché “aggiungere” tagliando le gambe alla seconda lingua.

Per tutti i motivi sopra esposti, io credo che questa legge sia profondamente ingiusta, miope, deleteria. E forse è anticostituzionale, perché nessun insegnante di seconda lingua diventerà mai di ruolo.
Vi prego di dare voce alle nostre ragioni, perché nessuno lo fa. Noi insegnanti precari di seconda lingua siamo tantissimi, decine di migliaia. Alimenteremo anche noi la crisi economica a causa di una decisione che non è stata presa per rimediare alla crisi (come gli altri tagli giustificabili riguardanti la scuola e l’università), ma solo per dare una parvenza di cambiamento o di riforma alla scuola italiana, per sembrare più moderni, senza renderci conto invece che restiamo e resteremo sempre il fanalino di coda dell’Europa.

Cordiali saluti.

Rosella Di Stefano

rodiste@libero.it [rodiste@libero.it]

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