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E ora si faccia sul serio: si diminuisca il prelievo fiscale sul personale della scuola

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   La curiosità di conoscere meglio le idee del nuovo Presidente degli U.S.A. mi ha sollecitato ad iniziare la lettura di un suo libro pubblicato prima che  si candidasse alla presidenza degli Stati uniti d’America.  Il libro in questione è “L’audacia della speranza”.
   Durante la lettura mi sono imbattuto in una chiacchierata tra Barak Obama e Warren Buffett, presidente della Berkshire Hathaway e secondo uomo più ricco del mondo (solo nel 2008, se non ricordo male, superò Bill Gates).
   Buffett – rivolgendosi a Obama – gli chiedeva  perché George Bush continuasse a ridurre le tasse “alle persone della sua fascia di reddito, quando il Paese si trovava in cattive acque”. Insomma, continuava Buffett, “anche se non sono mai ricorso  a scappatoie fiscali o ai servigi di un consulente fiscale, dopo aver calcolato le trattenute che versiamo tutti, quest’anno pago un’aliquota d’imposta effettiva più bassa della mia receptionist; anzi, sono quasi sicuro di pagare un’aliquota più bassa dell’americano medio. E se il Presidente l’avrà vinta pagherò ancora meno” (L’audacia della speranza, BURextra, 2008, pp. 195-196). Il motivo per cui Buffett pagava meno è presto detto. Il suo reddito, come quello di tutti gli americani ricchi, deriva da dividendi e capital gains. Le tasse che gravano sui dividendi e capital gains sono del 15%, mentre quelle che vanno a colpire i dipendenti americani sono quasi il doppio.
   La mia reazione è stata quella di giustificare la cosa in quanto stiamo parlando della  patria del libero mercato e di pensare che, in definitiva, queste cose possono accadere soltanto in America. Poi mi sono chiesto se questo accade anche in Italia. Ebbene sì, succede anche in Italia.
   Infatti, se prendiamo ad esempio una società di capitali che distribuisce un utile netto di 500.000 euro tra due soci, di cui uno con partecipazione qualificata (85%) e l’altro con partecipazione NON qualificata (15%),  applicando la tassazione prevista dal DM 2 aprile 2008, si avrà la seguente situazione:

Utile netto da distribuire € 500.000,00 Socio A (85%) Socio B (15%)
       
Dividendo percepito  

€ 425.000,00

€ 75.000,00

Regime di tassazione  

Dichiarazione, partecipazione qualificata

Dichiarazione, partecipazione NON qualificata

Dividendo NON tassato

50,28%

€ 213.690,00

 
Dividendo tassato

49,72%

€ 211.310,00

€ 75.000,00

Aliquota di tassazione   Calcolata solo sul 49,72%

12,50%

Carico fiscale personale   In base alle aliquote

€ 9.375,00

   Dal prospetto è chiaro che il socio A avrà un dividendo NON tassato di 213.690,00 euro e un altro tassato in base alle aliquote. Il socio B avrà invece un dividendo di 75.000 euro tassato soltanto del 12,50%. Insomma il socio B pagherà allo Stato  soltanto 9.375,00 euro.
   Ora, se prendiamo lo stipendio annuo di un docente di scuola secondaria superiore con una anzianità di servizio di 25 anni e quindi inquadrato nella fascia stipendiale 21-27, si noterà come questo, a fronte di uno stipendio annuo di 31.818,96, abbia un carico fiscale di 8.909,31 euro.

Docente con una anzianità economica di 21-27 anni    
     
Stipendio  

€ 22.935,00

RPD  

€ 2.424,00

IIS  

€ 6.459,60

Totale imponibile

 

€ 31.818,60

Carico fiscale personale 28%

€ 8.909,21

   Quindi il socio B della società di capitali (vedi esempio) e il docente di scuola secondaria con 25 anni di servizio pagano allo Stato la stessa cifra; però il socio B con una tassazione del 12,50% (e metterà in tasca 65.625,00 euro) mentre il docente 22.909,39 con una tassazione del 28% (quando va bene).
   Tutti ricordano le promesse di Tremonti del 3 giungo dello scorso anno quando lanciò la Robin Hood Tax; diceva il ministro dell’economia: tasseremo i petrolieri per dare più burro, pane e pasta alla povera gente. Ma sappiamo tutti che la Robin Tax ha fatto flop; infatti, tanto per citare un esempio, la Saras ha distribuito un dividendo uguale a quello dello scorso anno, mentre la Erg ha avuto un utile netto quattro volte maggiore di quello dello scorso anno.
   L’analisi fin qui fatta fa emergere un dato chiarissimo: chi è ricco paga meno tasse e chi è più povero ne paga di più. C’è qualcosa che non va. Insomma, sembrerebbe dalla politica fiscale italiana che i veri ricchi siano i dipendenti pubblici e privati sui quali si abbatte un enorme prelievo fiscale (oltre il 28%), mentre ai “poveri soci” di società di capitali  si chiede un “piccolo contributo per le spese”.
   Al di là delle battute occorre invertire la rotta. E’ necessario riequilibrare il carico fiscale, diminuendo quello sui lavoratori dipendenti e aumentando quello sui dividendi e capital gains. Se oggi non è possibile aumentare gli stipendi dei docenti a livello dei loro colleghi europei (qualcuno ha verificato un aumento significativo nella busta paga a seguito dell’ultimo rinnovo contrattuale?), è comunque  necessario  diminuire il prelievo fiscale sullo stipendio  di tutto il personale della scuola: ad esempio, ipotizzando una tassazione del 20%, il predetto docente avrebbe a disposizione della propria famiglia circa 212,00 euro mensili in più. Solo applicando questi principi, non solo alla scuola ma anche agli altri settori lavorativi,  sarà possibile dare una vera spinta alla ripresa dell’economia.

 

Orazio Ruscica

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