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I presidi pronti alla chiamata diretta, a modo loro

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28 maggio 2009 – dp
Mai come in questi mesi il fronte della “chiamata diretta” da parte dei Presidi per il reclutamento dei docenti è stato così forte e pressante. Un martellamento che vuole spacciare come panacea un metodo che ha come unico vero scopo la gestione delle scuole da parte della politica. Si alla chiamata diretta, ma solo tra docenti di ruolo, si ad una rigida selezione che abiliti docenti preparati da immettere nel “mercato della professionalità docente”.

Non ultimo, l’articolo apparso ieri nella rassegna stampa di Orizzontescuola.it, a firma del Preside Innocente Pessina, che fa un escursus sui difetti dell’attuale sistema di reclutamento. I termini sono spesso forti e forse inopportuni, quando ad esempio si definiscono “cialtroni” docenti non graditi ai Presidi. Si tratta comunque di un intervento che mette in risalto un problema oggettivo: il fallimento delle graduatorie permanenti come sistema di reclutamento. Ma il rischio è di utilizzare una cura che sia peggiore della malattia.

Il fronte del “no” alla chiamata diretta si preoccupa di scarsa trasparenza nel reclutamento, a partire dai bandi, che avvantaggerebbero soltanto i raccomandati.

Gli esempi al riguardo si sprecherebbero. Basterebbe citare una “scuola provinciale” del territorio in cui vivo che di anno in anno modifica il bando per il reclutamento dei docenti in base ai requisiti che escludono o includono questo o quel candidato. Ma ovviamente si tratta di coincidenze, così come sono sicuramente dicerie quelle che vogliono i meccanismi di questi bandi gestiti da noti politici o assessori provinciali. La chiamata diretta c’è già e i suoi effeti sono già sperimentati, non è necessario guardare all’estero, bisogna guardare in casa per comprendere quali effetti avrebbe questo meccanismo in una realtà come la nostra.

Tremo poi al sol pensiero di un eccessivo potere gestito da certi tristi figuri travestiti da Presidi che ho incontrato durante la mia carriera di docente.

C’è, ad esempio, il Preside di una scuola media ben nota nella sua città, una scuola d’elite, dove la qualità del docente si misura in base al 6 politico imposto con pressioni psicologiche, non ultime umiliazioni durante i collegi docenti. Una scuola dove è vietato bocciare, salvo poi superare il 25% di fallimenti dei propri licenziati al primo anno di secondo grado.

O il caso del Preside che durante la sua funzione di Presidente di commissione d’esame minacciò di andar via e far scoppiare uno scandalo se non si fossero bocciati alunni a lui sgraditi, ovviamente, per chi ancora credesse nella collegialità, le commissioni si adeguarono, e pensate che ancora la valutazione da parte dei Presidi non è legge. Figurarsi quei poveracci che capiteranno tra le sue grinfie nel prossimo futuro.

C’è anche chi, e lo scrive a chiare lettere nei forum, tra i Presidi, considererebbe nella valutazione complessiva del docente anche la partecipazione alle cene organizzate dalla scuola. Speriamo che questo Preside non si converta ai corsi motivazionali o i suoi docenti dovranno camminare sui carboni ardenti.

Un altro fronte dove se ne vedrebbero delle belle sarebbe il triangolo genitori-presidi-docenti.

E qui i casi si sprecano. Non ultimo un Preside che dichiara in una Tv locale il suo appoggio a dei genitori che accusavano un docente di aver picchiato il proprio figlio, per poi scoprire che il docente non aveva commesso alcun fatto criminoso. O delle umiliazioni di docenti subite davanti ai genitori per votazioni sotto la suffucienza non “ritenute giuste” o presunti comportamente poco conformi raccontate in famiglia da bambini patologicamente bugiardi.

Quale potere valutativo vorreste assegnare a questi personaggi? Mi chiedo anche quali garanzie avrebbe un docente affetto da patologie legate alla professione in un contesto lavorativo “aziendalista” come prospetta la “chiamata diretta” e la valutazione dei docenti da parte dei Presidi.

La “chiamata diretta” non è una panacea, è soltanto un mezzo, spacciato per antibiotico, che vuole porre il reclutamento dei docenti nelle mani della politica, con i Presidi che fungeranno da tramite per il controllo di questo settore strategico.

Se di chiamata diretta si vuole parlare essa deve riguardare un “mercato della professionalità docente” dei docenti di ruolo, senza coinvolgere l’arruolamento. E comunque, tale “chiamata” diretta deve obbedire a regole ferree entro i quali le singole scuole devono avere un limitato potere discrezionale o l’effetto sarà il proliferare di bandi ad hoc gestiti per fini politici.

L’arruolamento dovrebbe, invece, essere il culmine di un percorso selettivo molto rigido e su un numero programmato che abiliti soltanto per il fabbisogno di docenti che il mercato richiede e con una indiscussa preparazione. Senza dimenticare l’esistenza di migliaia di precari inseriti in graduatoria.

F

Da orizzontescuola

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