La procedura verso le immatricolazioni ai corsi INDIRE dei docenti collocati in posizione utile nelle graduatorie sta andando avanti: nello stesso tempo, però i docenti non ammessi sono in ansia per sapere come potranno rientrarvi. In un precedente articolo abbiamo visto come sia differente la situazione tra docenti con titolo estero (saranno dirottati a INDIRE) e docenti triennalisti (dovranno provare in un altro ateneo o attendere il secondo ciclo). Diverso, però, è il caso dei triennalisti 2024/25 che al momento sono difatti esclusi dal DM 75/2025 pur avendo già conseguito la terza annualità prevista durante quest’anno scolastico: tanta la confusione sul da farsi e su come muoversi per cercare di far valere anche per loro il diritto a partecipare.
Le strade che possono percorrere i triennalisti 2024/25 per accedere ai corsi INDIRE
Al momento, tre sono le strade che i docenti triennalisti 2024/25 possono percorrere: presentare ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentare diffida di autotutela, aspettare e sperare nella pubblicazione di una FAQ ministeriale. Quest’ultima dovrebbe aprire anche a questi docenti la possibilità di iscriversi ai corsi INDIRE, partecipando al secondo ciclo previsto già dalla normativa.
La strada del ricorso al Presidente della Repubblica per i triennalisti 2024/25
Ecco alcune informazioni sul ricorso straordinario che i triennalisti 2024/25 possono presentare al Presidente della Repubblica:
– Va presentato entro 120 giorni dall’atto lesivo
– I tempi di risposta variano dai 6 mesi a oltre un anno (in alcuni casi anche 2 anni)
– Comporta costi legali e spese vive
– Se accolto, può annullare l’atto, ma l’attuazione concreta può richiedere ulteriori passaggi
La possibilità della diffida con istanza di autotutela
In alternativa, i triennalisti 2024/25 possono presentare diffida vs il MIM. Questa
– può essere inviata in qualsiasi momento
– è uno strumento rapido e meno invasivo
– non garantisce l’esito, ma serve anche a fare pressione e chiedere una revisione politica dell’atto
– l’amministrazione ha 30 giorni per rispondere (legge 241/1990)
– se non risponde, si configura il silenzio rigetto, ma può comunque essere un segnale forte.
In sintesi: la diffida è più immediata e meno costosa, mentre il ricorso ha un peso giuridico maggiore ma tempi lunghi e nessuna certezza.