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La scuola secondo Aprea

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28 maggio 2008 – red
Discorso del presidente della VII commissione cultura alla camera, Valentina Aprea, pronunciato giorno 22 maggio. No ad una scuola statalista, delegificazione, ridare fiducia ai giovani sul loro futuro, apertura all’opposizione. I cardini dell’intervento.
Valentina APREA, presidente, nell’assumere la responsabilità e l’onore di presiedere la VII Commissione permanente, esprime sincera gratitudine per il consenso manifestato verso la sua elezione ed assicura la sua lealtà nell’esercizio del ruolo istituzionale che è chiamata a svolgere. Ringrazia quindi tutti i membri della Commissione per la collaborazione costruttiva che vorranno esprimere nel corso del lavoro che li attende e rivolge un benvenuto speciale ai membri eletti per la prima volta.
Il primo augurio che rivolge a tutti i componenti è che questa Legislatura sappia volare alto, emancipandosi dalla eccessiva zavorra che ha appesantito il volo delle legislature precedenti, a partire dalla XII: quelle cioè che avrebbero dovuto costruire la cosiddetta Seconda Repubblica.
Osserva che le ragioni di questo nuovo clima sono ben note a tutti, avendo vissuto da protagonisti con i rispettivi leader quel cambiamento profondo che ha portato alla semplificazione del sistema politico. Osserva altresì che perfino le fasi iniziali di la Legislatura appena avviata – dalla modalità della formazione del Governo, ai toni del dibattito di fiducia alle Camere del Governo stesso, la costituzione di un Gabinetto ombra di tradizione anglosassone da parte della maggiore forza di opposizione e il dialogo, vero e proficuo, avviato tra il Premier e il Capo dell’opposizione – devono spingere la Commissione ad affrontare con spirito nuovo l’attività svolta in passato.
Ritiene che sia necessario, in particolare, ripartire dalla grande questione dello Stato, dalla politica verso lo Stato, dall’uso stesso dello Stato, cioè da quel fenomeno sintetizzato nell’espressione big-government: lo Stato troppo grande, troppo invadente, troppo esteso, troppo intrusivo.
L’eccesso di statalismo, insomma, come proiezione indebita della politica burocratica e della lottizzazione partitica nelle sfere tradizionalmente riservate alle libertà dei cittadini.
Osserva inoltre che, accanto alla questione evidenziata, sarà necessario fare i conti con l’eredità di altri due paralizzanti fattori post-bellici: l’ideologismo esasperato e la radicalizzazione dello scontro politico. Auspica pertanto che sia possibile, come l’incipit della Legislatura sembra far prevedere, lasciarsi alle spalle tutto ciò e fornire anche in Commissione Cultura, nelle materie di sua competenza, dei segnali nuovi che rendano maggiormente visibile la volontà politica di lavorare insieme per il bene comune. Un metodo, insomma, che dovrebbe portare l’intera classe politica a recuperare credibilità e fiducia da parte dei cittadini, dando prova di saper rispondere alle loro attese, attraverso un confronto di idee e di interessi, anche severo e rigoroso, ma comunque concreto, costruttivo, trasparente e sempre ispirato da reciproco rispetto.
Rileva che non sarà un compito facile, ma che sarà opportuno impegnarsi in tal senso per arrivare a costruire anche nel Paese delle istituzioni intelligenti: le istituzioni di una società libera sono tanto più intelligenti quanto più sanno creare reciproche convenienze, valori condivisi, vincoli esterni, interessi orientati alle libertà fondamentali dei singoli. In questo senso, valori come la libertà, la sussidiarietà e la centralità della persona e del cittadino propri e fondanti della nostra Costituzione, vecchia e nuova, sono la bussola dei nostri lavori.
Ritiene al contempo che si dovrebbe tenere in considerazione la necessità, ormai accertata da tempo, di riformare delegificando, riducendo così le dimensioni della fitta giungla legislativa italiana, come si è cercato di fare fin dai tempi del Ministro Cassese, nel 1993 e 1994, e del Ministro Nicolais, autorevole esponente del Partito democratico in Commissione. Osserva in proposito che, da Bassanini a Frattini, a Baccini – che nel 2005 ha attivato il meccanismo taglialeggi – tutti si sono misurati con l’enorme produzione legislativa nazionale. Evidenzia, anzi, che proprio il censimento Nicolais ha permesso di conoscere il dato esatto delle leggi attualmente in vigore, pari a 21.691, oltre ai 65-70mila atti normativi e più di 30mila leggi regionali. L’Italia detiene in tal senso il primato negativo in Europa, seguita dalla Francia, che ne ha 9.800, e dalla Germania, che ne ha 4.547.
Sottolinea d’altra parte che non sfugga che il rilancio della competitività passa anche attraverso la deregulation ed una Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini; inoltre la semplificazione legislativa e burocratica, com’è noto, può ridurre anche i costi della politica. Rileva peraltro che, proprio su tale materia, il Governo abbia giustamente previsto una delega al Ministro Calderoli. A prescindere dall’attività del Governo, ritiene che si possa riconoscere questo tema come un tema bipartisan, lavorando per delegificare i settori di competenza della Commissione, a partire dall’Istruzione, particolarmente afflitta da ipertrofia legislativa. Ritiene al contempo che la Commissione dovrà impegnarsi nell’approvazione di un numero ridotto di leggi ma di buona qualità, per un ritorno, mai così atteso, alla buona politica.
Rappresenta quindi il convincimento che, rispetto alle competenze della Commissione, che sono vaste e importanti e riguardano settori strategici per lo sviluppo della società, la Commissione saprà collaborare lealmente con il Governo, favorendo in tutti i modi la discussione parlamentare per rilanciare il ruolo del Parlamento, sacrificato nella scorsa legislatura. Rivolge peraltro un invito ai rappresentanti del Governo affinché trascorrano più tempo nelle Commissioni che nelle strutture ministeriali, in modo che la decisione politica possa arricchirsi, tenendo conto delle posizioni delle forze di maggioranza e opposizione.
[…]
Esprime l’auspicio, quindi, che sia possibile ritrovare le idee forti su cui fondare un’etica pubblica in cui l’esercizio responsabile della libertà non sia mai disgiunto dalla ricerca e dal discernimento della verità. Non vi è dubbio, tuttavia, che i maggiori sforzi dovranno concentrarsi ed essere particolarmente innovativi nei settori dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da troppe legislature interessati da riforme che non sono state portate a compimento e che spesso si sono rivelate in contraddizione tra di loro, creando disorientamento e sfiducia nel mondo della scuola e dell’università, nonché disillusione nei giovani. Crede pertanto che sia giunto il momento politico e storico di lavorare per una armonizzazione del quadro giuridico di questi settori, senza mai perdere di vista gli orientamenti europei e le sfide internazionali. Ritiene che prima di ogni altra cosa si debba ridare fiducia ai giovani, attraverso le decisioni che saranno prese. Recenti studi svolti in sede europea sui giovani tra i 16 e i 29 anni in Europa, Stati Uniti, Cina, Russia, Taiwan e Giappone, hanno evidenziato che i ragazzi italiani hanno poca fiducia nel loro futuro; solo 23 su 100 pensano infatti che il loro avvenire sarà promettente. Ritiene che basti anche solo il dato indicato per responsabilizzare tutti rispetto alla necessità di motivare positivamente le nuove generazioni e ricercare, con il Governo e con tutte le altre istituzioni del Paese, quelle strategie che sappiano valorizzare le capacità, coltivare i talenti, promuovere le eccellenze, spingere l’innovazione e la crescita del Paese, come ha indicato anche lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, nel suo discorso programmatico, quando ha parlato di crescita come rilancio del Paese e dei suoi talenti, nonché della necessità di formare nuove generazioni di lavoratori altamente qualificati, dando così una frustata vitale alla ricerca e all’istruzione, per ricominciare a padroneggiare il proprio destino senza lasciare indietro nessuno.
Osserva in proposito che, secondo quanto affermano Monti e Bassanini che hanno fatto parte della Commissione Attali, l’Italia, come la Francia, vive con tremore e timore l’epoca della globalizzazione. Eppure la globalizzazione può offrire, soprattutto ai giovani, grandi opportunità, ma le nuove sfide non possono essere vinte senza grandi riforme, senza forti innovazioni. Ecco perché le istituzioni e la politica devono ormai dimostrare di essere capaci di decidere le svolte necessarie per far rialzare l’Italia, per modernizzare il Paese, con l’occhio alla realtà e ai problemi più urgenti. Tra questi vi è sicuramente l’emergenza educativa. Su questo concetto, recentemente ribadito dall’alto magistero del Pontefice Benedetto XVI, desidera in particolare inviare simbolicamente un messaggio ai giovani, alle ragazze e ai ragazzi italiani che sono la risorsa e la speranza più preziosa del Paese. Ritiene infatti che sia opportuno alimentare la fiducia e la speranza di ragazze e ragazzi e delle loro famiglie, non deluderne le aspettative ed assecondarne gli sforzi per crescere con l’impegno nello studio, nel lavoro, nello sport, nell’arte ed in tutte le altre attività che contribuiscono alla loro maturazione morale e civile, favorendone così l’inserimento costruttivo nella società. Considera necessario che essi non arretrino smarriti di fronte alla complessità del presente, che non si rifugino nei falsi valori del consumo, dello stordimento e del disimpegno, mentre lo Stato – come continua ad ammonire la Costituzione a sessant’anni dalla sua entrata in vigore – deve sempre più rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della loro persona. Si dichiara consapevole d’altra parte che molti autorevoli colleghi sono particolarmente sensibili a questo tema, certa quindi che non mancheranno di fare la loro parte per contribuire a dare le attese risposte.
Esprime quindi a tutti i componenti della Commissione lo stesso auspicio che la scrittrice Paola Mastrocola, docente di liceo, le rivolse alcuni anni or sono in una presentazione del libro Una barca nel bosco che narrava la storia di un talento sprecato di un giovane del Sud, Gaspare, figlio di pescatore e aspirante latinista, approdato a Torino per studiare in un liceo. Purtroppo, Gaspare che a 13 anni traduceva Orazio e leggeva Verlaine scopre ben presto di essere fuori moda, fuori tempo, fuori posto; i dieci in latino arrivano puntuali come lo scherno della classe che lo tratta come un pesce fuor d’ acqua, una barca nel bosco. La scuola tradisce le sue aspettative, l’Università non farà di meglio. Ritiene che la Commissione sia chiamata a lavorare perché la scuola diventi, per davvero, la scuola di tutti; ma perché questo accada, è necessario che diventi la scuola di ciascuno, capace di personalizzare i percorsi per raggiungere gli obiettivi comuni e riscattare i tanti talenti soffocati da un sistema di istruzione che ha rinunciato da tempo al merito inteso come leva reale di mobilità sociale nel Paese. Esprime quindi l’auspicio che i componenti della Commissione riescano, attraverso il comune lavoro parlamentare, a salvare tutte le barche nel bosco, rappresentando a tutti i migliori auguri di buon lavoro.

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