integrazione del fondo interbancario. E copertura del Tesoro per i finanziamenti extra erogati da Bankitalia alle banche in difficoltà. Il decreto varato dal Governo per garantire i risparmiatori e stabilizzare il sistema bancario è in vigore da ieri. Il premier Silvio Berlusconi agli investitori: «Non vendete le azioni, taglierò le tasse». Il ministro Giulio Tremonti avverte: a casa i manager degli istituti che hanno commesso irregolarità.
Quattro strumenti di finanziamento, quattro modi di reperire le somme: il decreto legge per la stabilità del sistema creditizio indica come provvedere alle eventuali esigenze finanziarie delle banche. Ultima della lista, l’emissione di titoli del debito pubblico, è forse prima per praticità se non per immediatezza. Non impatta sul disavanzo se non per gli interessi, si confonde nel calderone dei 1650 miliardi di euro del passivo patrimoniale dello Stato.
Certo, nell’eventualità tutta ipotetica e da nessuno auspicata di un intervento, il debito salirebbe ma, tra recessione incombente in Europa, minor crescita del Pil e problemi finanziari negli altri Paesi, pochi vi farebbero gran caso.
Nessuna cifra è indicata, ovviamente, nel testo del decreto salva banche: non si tratta di fronteggiare un’esigenza attuale, ma un’eventualità: pertanto, nessuna somma può essere iscritta e meno ancora coperta.
Il decreto stabilisce, però, come trovare i mezzi finanziari che si rendessero necessari. L’individuazione delle somme avviene, in una chiara logica di emergenza, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm), su proposta del ministro dell’Economia. Le somme così individuate sono iscritte in un apposito capitolo dell’Economia e i conseguenti decreti di variazione del bilancio trasmessi in Parlamento. Il ricorso al Dpcm è un’estensione del principio introdotto la scorsa estate col decreto legge che ha anticipato la manovra: leggi di spesa sono modificate con provvedimenti amministrativi.
Stabilito chi e come individua le risorse, ecco da dove eventualmente verranno: il “ricorso al mercato”, ovvero l’emissione di titoli del debito pubblico, è lo si è detto una delle quattro voci in elenco. Anche questa soluzione risponde a una logica di emergenza: da trent’anni, dal varo della legge 468 di contabilità pubblica, l’emissione di titoli di debito non è utilizzata per fronteggiare un’esigenza specifica.
Oltre all’emissione di debito pubblico, il decreto indica altri tre modi di trovare i denari: innanzitutto, la riduzione lineare delle dotazioni finanziarie dei ministeri, ad eccezione di quelle incomprimibili (le solite: stipendi, pensioni, interessi, trasferimenti obbligatori agli enti territoriali).
Ma le esigenze cui far fronte sono di due tipi diversi: una, di ampio respiro e di tempi più lunghi, di ricapitalizzare una banca; l’altra, immediata, di provvista agli sportelli di un istituto di credito nel caso di una crisi di liquidità.
Ecco allora, altro strumento, un modo rapido di reperire le risorse: prenderle dalla Tesoreria dello Stato o dalle contabilità speciali intestate ad amministrazioni pubbliche o a enti pubblici nazionali, a eccezione dei denari delle amministrazioni territoriali. In Tesoreria, tra l’altro, giace il famoso “tesoretto” dell’Inail ammontante, a fine settembre, a oltre 14 miliardi. È chiaro però, ma il decreto non lo dice, che anche in questo caso, preso il denaro e fronteggiata l’emergenza, la giacenza in Tesoreria verrà ripristinata e, per farlo, sarà emesso nuovo debito pubblico. Un primo impatto sul deficit di cassa sarebbe così rapidamente compensato a spese, anche stavolta, del debito.
L’altra necessità, quella della ricapitalizzazione, può essere affrontata con denari raccolti da emissioni di titoli. Dovrebbe forse essere emendato l’art. 1 della Finanziaria, che fissa il limite del ricorso al mercato finanziario: ma si tratta, in fondo, di aspetti secondari.
Ultimo strumento: la riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa. Fino alla scorsa estate, anche per un intervento di questo genere sarebbe stata utilizzata una legge, o un provvedimento di analoga forza. Ma pure in questo caso il decreto della manovra, il n. 112, ha innovato, sempre in una logica di emergenza, introducendo il principio che provvedimenti amministrativi possono intervenire su leggi di spesa.