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La strana coppia, Gianni Letta e Silvio Berlusconi alla vigilia del traguardo finale. Il primo sale al Colle e il secondo torna a scendere in politica? Fosse per Veltroni…

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Gianni Letta? E’ un’altra cosa, con lui si parla, ci si intende. Walter Veltroni ha tessuto lodi sperticate al sottosegretario alla presidenza in una recente intervista a Repubblica. Non è la prima volta che lo fa, gli viene bene la laudatio. gli consente di mostrare questa attitudine senza danni. Il giudizio positivo su Letta è infatti largamente condiviso: non si trova un nemico di Letta nemmeno cercandolo con il lanternino. E’ un caso pressoché unico nella storia politica italiana. Anche i personaggi più stimati – Pertini, De Gasperi – subirono critiche feroci, Pertini a causa del carattere burbero, il secondo per la capacità di scaricare gli alleati senza patemi d’animo. Ciò nonostante Pertini è stato santificato dai laici, De Gasperi vorrebbero santificarlo i cattolici. Gianni Letta

Se è andata così a loro, che succederà a Gianni Letta?

Non c’è bisogno di una sfera di cristallo per prevedere che è candidato alla “salita” del Colle, mentre il suo Presidente, Silvio Berlusconi, potrebbe restare colui che è “sceso” in politica.

Inutile ragionarci sopra con un inventario di meriti e demeriti. C’è chi sale e chi scende, è il destino degli uomini; i personaggi importanti compiono questi trasferimenti più in fretta degli altri, ma le curve le imboccano tutti, sin dal primo vagito. La strada non è mai diritta.

Walter sfoga il suo bisogno di buonismo su Gianni Letta con tanta enfasi da far pensare, consapevolmente o meno, che voglia spingerlo verso il Colle, come fanno i tifosi entusiasti con i grimpeur nelle strade di montagna . Una spinta “affettiva” , tocca al ciclista-grimpeur arrivare in fondo.

Le lodi a Letta non sembrano intaccare la strana coppia. “Di tutti posso fare a meno, meno che di Gianni”, ha confessato il Premier. Lui e Gianni operano d’amore e d’accordo con successo da decenni; mai uno screzio, semmai qualche rammarico. E la probabilità di un sorpasso, Gianni che sale e Silvio che è costretto a “scendere” (in politica), non turba alcuno dei due.

La strana coppia della politica italiana è destinata, dunque, a compiere tanta altra strada insieme, comunque vadano le cose. Un autentico miracolo. Sono uomini così diversi che è perfino difficile “pensarli” insieme, figuriamoci a braccetto, metaforicamente parlando, dalla mattina alla sera.

Il diavolo e l’acqua santa?

Proprio così, se non ci fosse la quotidianità paciosa a smentirlo.

Eppure, la realtà è quella che è: Gianni Letta è un signore dall’aria tranquilla e rassicurante, che sorride con misura a chiunque, ha uno sguardo aperto e sparge fiducia a piene mani. Riesce a raggiungere il suo intento dando ragione a chiunque, non s’affanna e non scalpita. Usa il galateo come un’arma da guerra. S’arrabbia senza foga, ma in queste rare occasioni la politica c’entra poco, sono in ballo questioni di principio, come quella volta che pretese giustizia dagli americani, all’indomani dell’uccisione di Calipari, mentre Berlusconi taceva, preoccupato di non turbare l’amico George.

Silvio Berlusconi, a differenza di Gianni Letta, è naif, simpaticamente parvenu, un impasto di mediocrità ed intelligenza. Ha un gran bisogno di sé, di sé come personaggio: se per un attimo dubita di essere il più bravo di tutti, perde il senso delle cose, gli manca il terreno sotto i piedi, declina al pessimismo e invelenisce. La sua padronanza, quindi, abbisogna di sicurezze, e queste hanno bisogno di cure frequenti. Per esempio, le amicizie. Sono la sua forza ed il tallone d’Achille: Vladimir Putin e George Bush sono suoi amici personali, li accudisce con l’affetto di un adolescente, li blandisce in pubblico, si schiera con loro sia che abbiano ragione sia che abbiano torto, sena preoccuparsi del fatto che non si possa stare in accordo con l’uno e l’altro. Nel tentativo, impossibile, di giustificare entrambi e proteggere entrambi, finisce con il combinare un patatrac, come l’amante che una moglie che voglia salvare i suoi due “mariti”. Il Premier resta il Premier, le parole pesano tonnellate e fanno il giro del mondo con conseguenze tremende. C’è il rischio di passare per una macchietta.

Gianni Letta non lo corre questo rischio, ma è grazie a questa fragilità che Silvio mantiene il consenso, anzi lo accresce, e Gianni resta un grande personaggio d’establishment, affatto popolare. Il guaio è che Gianni Letta non commette errori, né gaffe, suo linguaggio è prudente, il tono misurato. Uno uomo così, a tutto tondo, non potrà essere amato, né popolare.

Silvio è tutta un’altra storia. Le qualità con lui diventano difetti e i difetti qualità, dipende dall’ottica di chi guarda, ascolta, legge. La schizofrenia di Silvio sugli argomenti importanti è quella stessa che ogni uomo vive nel corso della sua giornata; nonostante so creda il contrario, la routine non si svolge in modo prevedibile, tutt’altro. Sbalorditiva è, infatti, la capacità di Silvio di cambiare tono, espressione, parere. Ricordate quel “si può fare” rivolto all’opposizione sconfitta, dopo le ultime elezioni politiche? E le battute velenose contro tutto e tutti appena saputo che il tribunale di Milano l’avrebbe processato per corruzione e magari condannato.

Perseguono obiettivi comuni, di questo nessuno nutre dubbi. In occasione del salvataggio dell’Alitalia, l’hanno dimostrato: Silvio lanciava ultimatum e spargeva accuse, Gianni dialogava con tutti. Risultato? Il cadeau della good company è stato consegnato alla CAI di Colannino e soci con il placet universale. A chi ha fatto notare che Letta ha risolto il problema, riscattando l’insuccesso del Premier, è stato prontamente spiegato che non sono stati Letta e Berlusconi ad avere inventato la tattica dei due carabinieri, quello buono ed il cattivo.

Il diavolo e l’acqua santa allora possono avere qualcosa in comune?

Né Letta né Berlusconi hanno vissuto nella pancia dei partiti del dopoguerra. Entrambi hanno vissuto dall’esterno, forse solo annusato, comunque senza farsi coinvolgere, i valori, le ideologie, i buoni sentimenti e i vizi della prima repubblica. L’anticomunismo viscerale di Silvio Berlusconi è un simbolo, non una convinzione né un’ideologia; la pacatezza di Letta è un dato caratteriale, nulla di più.

L’anticomunismo berlusconiano è il modo di affermare la libertà, che per il Premier è, anzitutto, libertà d’impresa. Più riduttiva e interessata rispetto alla libertà individuale e collettiva dei teorici della democrazia. Alla stessa stregua, la distanza di Gianni Letta dai partiti vecchi e nuovi nasce dal contesto dell’establishment, illuminato, che privilegia le buone maniera e colloca le libertà nel suo territorio di competenza.

Walter dovrà stare attento con le sue lodi a Gianni Letta.

La strana coppia non sa che cosa significhi divorzio, e potrebbe dimostrare, di questo passo, che il diavolo e l’acqua santa possono intendersela magnificamente, con la benedizione della Chiesa. Insomma con Gianni al Colle, nello studio barocco del Capo dello Stato, ci sarebbe la foto di Silvio.

Solo la foto, giura qualcuno.

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