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Tempo pieno, doppio organico e autonomia scolastica

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In articoli precedenti relativi alla scuola primaria abbiamo ripetutamente sottolineato la differenza sostanziale fra un “tempo scuola di 40 ore” e il modello pedagogico del tempo pieno (*).da fuoriregistro: Sul piano degli organici docenti – per chiarire nuovamente con un esempio – per garantire le 40 ore di scuola su quattro classi bastano sei o sette insegnanti che, con le ore degli insegnanti specialisti di religione e di inglese, possono ricoprire l’intero orario settimanale. Il Tempo Pieno invece, dalla sua legge fondativa in avanti (art.1 della L.820 del 1971 ripreso dall’art.8 comma 2 della legge 148/1990 poi art.130 del Testo unico n.297/1994, quindi dall’art.1 della legge 25 ottobre 2007, n.176) ha sempre comportato, come presupposto, il doppio organico su ogni classe. Non solo due insegnanti, ma due insegnanti “contitolari”, con pari dignità quindi, entrambi corresponsabili delle attività e della gestione del gruppo alunni assegnato.

Dopo il ripristino del maestro unico come modello base della scuola primaria (art.4 dpr 137 poi legge n.169 del 30 ottobre 2008), con la possibilità, subalterna e opzionale, di un ventaglio di diverse proposte orarie (in buona parte mutuate dal decreto legislativo Moratti, n.59/2004) abbiamo formulato l’ipotesi che per tempo pieno si intendesse – da parte governativa – la possibilità, appunto, di un tempo scuola di 40 ore inteso come prolungamento orario del maestro unico (in questo caso “prevalente”) o comunque come “spezzatino orario”. In questo modo, in ogni caso, si tenderebbe a dare una risposta in termini quantitativi alle esigenze di carattere assistenziale (un tempo scuola lungo) delle famiglie, smontandone i possibili motivi di protesta.
In altre parole e in concreto: abbiamo prospettato l’eventualità che venisse assegnato alle scuole un numero di docenti tale da “coprire” le 40 ore ma non più il doppio organico. Ipotesi fantasiosa o, peggio ancora, faziosa e malevola? Niente affatto, perché a Milano questo film l’abbiamo già visto. Già in epoca Moratti, qualche anno fa, alle scuole con classi a tempo pieno è stato assegnato un organico ridotto e non più, automaticamente, due insegnanti per classe.

Ora, la relazione presentata dall’on. Aprea alla VII Commissione della Camera (bozza in discussione) esprime parere favorevole al Piano programmatico del Ministro del MIUR e del Ministro dell’economia ad alcune condizioni. Fra queste, al punto che riguarda la revisione degli ordinamenti scolastici, che “sia previsto che per le classi funzionanti a tempo pieno siano assegnati due docenti per classe”.
Ma la bozza di regolamento attuativo dell’art.64 del decreto legge n.112 (una delle ultime, crediamo, tra le varie in circolazione) a proposito del tempo pieno nella scuola primaria dice che esso viene confermato nella consistenza di organico relativa all’a.s. 2008/2009. La relazione presentata per il governo dal sottosegretario on. Pizza precisa inoltre che “il tempo pieno viene confermato nelle consistenze attuali: 34.270 classi su 136.964 classi, con possibilità di ampliamento utilizzando le economie derivanti dalla riduzione o eliminazione delle compresenze o da altri risparmi (ad esempio dall’applicazione del modello del maestro unico)”. E torniamo punto e a capo: l’eliminazione delle compresenze vuol dire – se così fosse – che il doppio organico non è più confermato. E’ evidente che siamo di fronte ad una contraddizione, ad un “nodo” che prima o poi bisognerà sciogliere.
Insomma la questione è tutt’altro che risolta e il dubbio rimane: che razza di tempo pieno ha in mente il duo Gelmini-Tremonti? Ed è lo stesso di cui parla l’Aprea?

Ma partiamo questa volta dall’ipotesi più favorevole. Ammettiamo che alle classi a tempo pieno venga confermato il doppio organico (a tutte quelle esistenti e alle nuove prime). Resterà il problema delle scuole (la gran parte) che il tempo pieno non avevano, magari dopo averlo richiesto e non ottenuto nel corso degli anni (queste avevano i moduli e si ritroveranno con il maestro unico e/o prevalente e lo spezzatino orario) .
Qualcuno (ad es. Mario Piemontese su Retescuole.net) ha sostenuto che anche nel caso del doppio organico, dato che il modello di riferimento della scuola primaria resta il maestro unico e/o prevalente, “in questa ottica… ad un insegnante potrebbero essere assegnate le materie di serie A e all’altro le materie di serie B e la mensa”, facendo saltare quindi, di fatto, la contitolarità, intesa come pari titolarità della classe.

E no – diciamo noi – c’è un limite a tutto! E questo limite sta nel DPR n.275/1999 sull’autonomia scolastica. L’art.5 (autonomia organizzativa) al comma 1 dice a chiare lettere che “le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa.”
E’ la scuola che decide, una volta ottenuto l’organico richiesto (in questo caso, si spera, il doppio organico) come utilizzare i docenti, come assegnare ambiti di insegnamento e quadri orari. Su questo non possono esserci dubbi: non può essere il Ministero a dire alle scuole come deve impiegare gli insegnanti assegnati.
Certo, la conferma del doppio organico alle classi a tempo pieno, verrebbe a determinare una “strana” situazione: da una parte si affermerebbe la validità del modello del maestro unico (l’importanza, come si dice nel Piano programmatico, di avere una sola figura di riferimento nella fascia d’età 6-10 anni, ecc.), dall’altra si manterrebbe in vita un modello didattico-organizzativo – il Tempo pieno basato sul team docente, sulla pluralità delle figure docenti – del tutto alternativo, se non antagonista. Alla faccia della coerenza pedagogica e dei sermoni sul maestro unico!

Da un lato è chiaro che l’operazione, tendente al risparmio di spesa, di “rimodulazione” dell’attuale organizzazione didattica della scuola primaria” (art.64) verrebbe portata in buona parte a compimento con la “de-modularizzazione” o eliminazione dei moduli su gran parte del territorio nazionale (il 75% delle classi, non dimentichiamolo!). Dall’altro rimarrebbero però in piedi, per usare un termine gramsciano, alcune “casematte”, un modello di scuola che poco si concilia con l’ideologia del maestro unico (e del pensiero unico).

Un problema serio, però, si porrebbe se il Ministero operasse una forzatura regolamentare sull’utilizzo delle compresenze. Nel caso in cui, ad esempio, in sede regolamentare si decidesse (in modo giuridicamente inappropriato, perché un regolamento non può modificare una legge quale quella dell’autonomia, per altro “costituzionalizzata”!) l’abolizione delle compresenze con conseguente “dirottamento” delle ore in questione per la copertura di “buchi” orari di varia natura, il solo doppio organico – che comunque va valorizzato come conquista del movimento di insegnanti, genitori, studenti ed opposizione parlamentare – non sarebbe sufficiente a garantire la qualità del tempo pieno nei termini e con le caratteristiche che più volte abbiamo illustrato.

Per quanto ci riguarda, riteniamo infine che – anche nel bel mezzo di tutto questo bailamme – occorra riprendere un ragionamento che noi abbiamo iniziato già da diversi anni su ScuolaOggi. Chiedersi cioè quale Tempo pieno?”. Non è possibile infatti fare una battaglia per difendere un Tempo pieno “di qualità” e sostenere il valore delle “compresenze” e non dire nulla e/o confermare in blocco l’intera realtà del tempo pieno esistente. Vi sono situazioni – è un dato di fatto – dove il TP altro non è che un “tempo normale lungo”, ove non si fanno classi aperte, gruppi di alunni interclasse, attività laboratoriali, ecc. Occorre allora, come sosteniamo da tempo, “fare il tagliando al Tempo pieno”.
Noi pensiamo che il Tempo pieno debba tornare ad essere, come era alle origini, un modello di scuola fondato su un Progetto educativo, una programmazione collegiale e unitaria delle attività didattiche che poi viene effettivamente realizzata. Devono esserci cioè alcune condizioni sine qua non, alcuni standard di funzionamento che vengono poi rispettati (uso delle compresenze, team docente, programmazione collegiale, classi aperte, ecc.).
Altrimenti il doppio organico è – ebbene sì – uno spreco di risorse ingiustificabile. Allora bastano e avanzano le 40 ore di tempo scuola.

Gianni Gandola, Federico Niccoli

(*) Nota

Vedi:
Le balle del governo sul tempo pieno

Il grande inganno: tempo pieno e 40 ore

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