Neanche una settimana dopo aver ottenuto la fiducia delle Camere, Giuseppe Conte sale al Colle per dimettersi da presidente del Consiglio. Alle 9 è cominciato il Consiglio dei ministri durante il quale il capo del governo ha comunicato le sue intenzioni. “Ringrazio l’intera squadra di governo, ogni singolo ministro, per ogni giorno di questi mesi insieme”, ha detto il presidente del consiglio. I capi delegazione delle forze di maggioranza, Alfonso Bonafede del M5S, Dario Franceschini del Pd e Roberto Speranza di Leu, hanno rinnovato a Conte il loro “sostegno e compattezza”. La riunione del governo, durata poco più di mezz’ora, si è chiusa con un applauso dei ministri al premier.

Conte è atteso Quirinale a mezzogiorno per rimettere l’incarico nelle mani di Sergio Mattarella. La maggioranza non è riuscita a ricucire lo strappo voluto da Matteo Renzi e l’appello ai responsabili fatto in Parlamento dal premier, meno di sette giorni fa, non ha portato ai risultati sperati. Ad accelerare le cose è stato il voto sulla relazione del ministro della Giustizia in programma per giovedì prossimo: se sulla fiducia l’esecutivo giallorosso poteva contare almeno sulla maggioranza relativa, sull’operato di Alfonso Bonafede molto probabilmente non avrebbe avuto i numeri sufficienti. Da lì la decisione del premier di dimettersi per permettere la nascita di un Conte ter. Prima però, dovrà passare dalle consultazioni e dimostrare che i cosiddetti responsabili sono pronti a farsi avanti.

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Dopo un consiglio dei ministri durato circa mezz’ora, Conte salirà al Colle e ufficializzerà il suo passo indietro. A quel punto il capo dello Stato, preso atto delle sue dimissioni, deciderà se conferire un nuovo mandato al premier uscente. O se indire prima un calendario di consultazioni. Secondo le ultime indiscrezioni, Mattarella dovrebbe optare per la seconda opzione. I primi incontri, anche per permettere le celebrazioni della giornata della Memoria il 27 gennaio, dovrebbero iniziare nel pomeriggio di mercoledì. di fronte alla drammatica situazione che vive il Paese a causa della pandemia e alla necessità di trovare i rimedi più adeguati per farvi fronte sul piano sanitario, economico e sociale, fare presto sarà l’imperativo che orienterà l’azione del presidente della Repubblica e che ribadirà nelle consultazioni, che saranno approfondite ma rapide. Inutile quindi ipotizzare in questa fase quali potrebbero essere per il capo dello Stato gli sbocchi della crisi. Se risultasse impossibile la permanenza a palazzo Chigi dell’attuale inquilino, è chiaro che si aprirebbero gli altri scenari: dal cambio di premier esterno all’attuale coalizione; alla creazione di un governo sostenuto dalla cosiddetta “maggioranza Ursula”; ad un esecutivo di larghe intese o di unità nazionale. Tutte ipotesi che naturalmente restano tali fin quando Mattarella non sarà in possesso di ogni elemento che gli consenta di capire se esistano gli spazi per risolvere la crisi o se invece lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni risultino inevitabili.

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