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Per la concessione dei permessi Legge 104/92 rilevano la residenza o la dimora temporanea ma non il domicilio

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università telematicaAl lavoratore dipendente che assiste persona disabile in situazione di gravità, spettano tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.

Il testo vigente della legge 104/92 dopo le modifiche introdotte dalla Legge 53/2000, dal D. Lgs 151/2001, dalla Legge 183 del 4.11.2010 (art. 24) e, in ultimo, dal d.lgs. n. 119/2011 recita:

A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.

DISABILITÀ GRAVE
I permessi in parola spettano per l’assistenza alla persona disabile in situazione di gravità certificata quindi ai sensi dell’art. 3 comma 3 della Legge 104/1992. Di conseguenza, non spettano nel caso di assistenza a persona con disabilità non grave (art. 3 comma 1 della Legge 104/1992) anche se accompagnata da invalidità civile superiore ai 2\3.

RICOVERO PRESSO STRUTTURE SPECIALIZZATE
L’articolo 33 della Legge 104/1992 prevede che i permessi lavorativi non possono essere concessi nel caso in cui il disabile sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. Non vengono menzionati i ricoveri ospedalieri di altro tipo.

A CHI SPETTANOTfa sostegno VI ciclo il controsenso
I permessi in questione spettano a tutti i lavoratori, compreso il personale con contratto a tempo determinato nel limite della durata del rapporto di lavoro alle stesse condizioni dei lavoratori a tempo indeterminato.
In particolare spettano al coniuge, parente o affine entro il secondo grado ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Quindi in linea di principio il diritto spetta ai parenti o affini entro il secondo caso salvo il verificarsi delle condizioni suddette che permettono di fruire dei permessi anche  ai parenti e affini entro il terzo grado.
In base alla normativa:

  • sono parenti di primo grado: genitori, figli naturali, adottati o affiliati;
  • sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti (figli dei figli);
  • sono parenti di terzo grado: bisnonni, zii, nipoti (figli di fratelli e/o sorelle), pronipoti in linea retta.
  • sono affini di primo grado: suocero/a, nuora, genero, patrigno e matrigna, con figliastri;
  • sono affini di secondo grado: cognati (non sono affini il coniuge del cognato ovvero i cognati e le cognate di mia moglie; né sono affini tra loro i mariti di due sorelle);
  • sono affini di terzo grado: moglie dello zio, il marito della zia, la moglie del nipote e il marito della nipote.

CONVIVENZA, CONTINUITÀ ED ESCLUSIVITÀ
Per usufruire dei permessi non è richiesto il requisito della convivenza con il soggetto disabile in quanto l’art. 20 della Legge 53/2000 ha eliminato tale vincolo. Tuttavia la stessa norma ha introdotto ulteriori due requisiti: la continuità e l’esclusività dell’assistenza da parte del lavoratore richiedente.
Poiché l’art. 24 della legge 183/2010 non ha più menzionato i requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza, il requisito della convivenza e della continuità ed esclusività dell’assistenza, non sono più elementi considerati essenziali ai fini del godimento dei permessi legge 104 art. 3 comma 3. Pertanto, la presenza di familiari conviventi e non conviventi che possono prestare assistenza non impedisce ad altro familiare lavoratore di usufruire dei permessi.
In presenza dei requisiti previsti dalla normativa vigente, il soggetto che intendesse fare richiesta dei permessi, potrà farla indipendentemente dalla presenza di altri soggetti legittimati a prestare assistenza. Inoltre, non è necessario acquisire alcuna dichiarazione di rinuncia da parte di eventuali altri familiari aventi diritto.
Ovviamente resta fermo il principio secondo cui il diritto alla fruizione dei permessi non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità.
Solo nel caso di assistenza allo stesso figlio disabile grave, il diritto ai permessi viene riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.

DISTANZA SUPERIORE A 150 CHILOMETRI
Il D. Lgs 119/2011 ha modificato la legge 104/1992 introducendo il comma 3 bis dell’art. 23, che ha innovato rispetto a quanto precedentemente disposto relativamente ai casi in cui il lavoratore che presta assistenza risieda in comune differente dal familiare disabile assistito. In particolare, il lavoratore che usufruisce dei permessi per assistere il familiare in condizione di grave disabilità, residente in un comune differente dal proprio e comunque a una distanza stradale superiore a 150 km, deve attestare l’effettivo raggiungimento del familiare con disabilità, al quale presta assistenza, e quindi il suo luogo di residenza.
In questo caso il lavoratore deve attestare con titolo di viaggioo altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.

La circolare Inps n. 32 del 6 marzo 2012, al punto n. 5 prevede che:

Il soggetto che fruisce dei permessi dovrà provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione degli stessi, presso la residenza del familiare da assistere, mediante l’esibizione del titolo di viaggio o altra documentazione idonea. Conseguentemente, a titolo esemplificativo, dovrà essere preferito l’uso di mezzi di trasporto pubblici quali aerei, treni, autobus, ecc…, in quanto consentono di esibire al datore di lavoro il titolo di viaggio.

Sempre in riferimento all’onere della prova, in via del tutto residuale e nell’ipotesi  dell’impossibilità  o  non  convenienza  dell’uso del mezzo pubblico, l’utilizzo del mezzo privato dovrà tener conto della necessità di munirsi di idonea documentazione comprovante l’effettiva presenza in loco.
Tale documentazione dovrà essere esibita al datore di lavoro che ha il diritto/dovere di concedere i permessi nell’ambito del singolo rapporto lavorativo (circolare n. 53/2008).
L’assenza non può essere giustificata a titolo di permesso ex lege 104/92 nell’ipotesi in cui il lavoratore non riesca a produrre al datore di lavoro la idonea documentazione prevista“.

RESIDENZA E NON DOMICILIO
Come chiarito dalla circolare della funzione pubblica n. 1 del 2012, in base a quanto stabilito dalla legge, occorre far riferimento alla residenza, che è la dimora abituale della persona, mentre non è possibile considerare il domicilio, che, secondo la definizione del c.c., è “nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi”.

Ciò che rileva ai fini del computo dei 150 km di distanza è quindi la residenza dei soggetti coinvolti e non il domicilio. In questo senso si è espresso anche recentemente il Dipartimento della funzione pubblica con il parere DFP n. 0030549 – P – 03/05/2021), con riferimento al caso di una persona in situazione di gravità residente in un Comune con distanza stradale superiore ai 150 km, ma domiciliata presso l’abitazione del lavoratore che si occupa dell’assistenza.

In questo caso, sempre al fine di agevolare l’assistenza della persona disabile, l’amministrazione potrà dare rilievo alla dimora temporanea (ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 223 del 1989) attestata mediante la relativa dichiarazione sostitutiva da rendersi ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000. 

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