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Crisi e gossip. Chi da la caccia ad Alessandro Profumo? Intervista ad un bancario che dice di essere informato dei fatti.

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 “Come nel ’29? No, allora i banchieri si suicidavano, oggi fanno i week end miliardari. Non avete sentito quali sono le abitudini dei grandi manager americani? Sì, proprio quelli che hanno mandato a picco colossi come la ING…”.

Il nostro interlocutore fa una smorfia di disgusto, dondola il capo e si lascia cadere sulla sedia. Quando gli abbiamo chiesto di spiegarci come stavano le cose a Piazza Affari, ha accettato di incontrarci ma deve essersene pentito, perché la pioggia di domande con cui l’abbiamo accolto è rimasta praticamente senza risposte. Solo quando, ormai esausti, abbiamo fatto una pausa, ha sibilato qualcosa d’incomprensibile, accompagnandola con un gestaccio, come a dire che gli viene da vomitare.

“Perché sta così male?” gli chiediamo. “Un bancario che sta a metà della sua carriera, che vive di stipendio e, magari, non ha un castelletto di azioni da salvare, per quale ragione dovrebbe essere preoccupato?”

“Infatti, non lo sono…”

“E allora?”

“Allora niente, sento odore di bruciato… Che significa? Significa che c’è chi approfitta della crisi per liquidare i nemici, per azzannare il concorrente, per togliere di mezzo l’avversario”.

“Fisiologico, no?”

“Infame, non fisiologico”.

“A che cosa sta pensando, esattamente?”

“Ad Alessandro Profumo, è chiaro. E’ lui la vittima sacrificale”.

“Perché proprio lui?”

“Perché è un manager di successo, perché Unicredit è l’unica banca internazionale di successo del nostro Paese, perché è rimasto fuori dal coro, non è un collaborazionista”.

Collaborazionista?”

“Sì, non fa parte della corte del Premier, non è entrato nella cordata patriottica di Alitalia. Una rinuncia che deve essergli costata, visto che si tratta di un regaluccio niente male…”

“Fantapolitica, fantaeconomia. Pure illazioni”

“Le chiami come vuole, io ci sto dentro questa melma e so di che cosa parlo…”.

“Un bancario che non amministra nulla, perché dovrebbe conoscere i segreti dei piani alti?”

“Io ascolto, fiuto, annuso, metto insieme i tasselli, capisco i conti ed ho qualcuno che sta accanto ai potenti, come lei li definisce”

“E come dovrei definirli?”

“Impotenti…”

“Vuole confondermi…”

“No, le cose sono confuse per conto loro. Quelli che contano, contano fino a un certo punto. Sono tutti legati ad una corda. Quando qualcuno tira da una parte, qualcun altro rischia di essere trascinato nel vuoto, anche se è forte di suo. Insomma nessuno può sentirsi sicuro”.

“La crisi è seria”.

“La crisi sono loro. La crisi ha nome e cognome. Dovrebbero passarli per le armi, è l’unico caso in cui sono per la pena di morte… No, scherzo, dico che dovrebbero essere puniti e invece finiranno con il guadagnarci, per questo la storia del ’29 è ridicola. Stavolta il mondo s’impoverisce e quattro gatti si arricchiscono ancora di più”.

Alessandro Profumo, dunque…”

“Ah, sì… Profumo. Ricorda la risposta sprezzante che diede quando gli chiesero se avesse intenzione di entrare nella cordata Alitalia?”

“No, non ricordo”.

“Dissero che non era interessato… Ma quelli che stavano nella stessa area, da Colannino a Passera, non se lo fecero ripetere due volte. E in cambio che succcede in Mediobanca? Che una Berlusconi entra… Una rivoluzione. Il Premier aveva sofferto di una specie di ostracismo. Non aveva mai fatto parte del salotto buono. Era considerato un parvenu. I soldi li aveva fatto con le tv, non era né carne né pesce”.

“Profumo…”

“Certo, Profumo. C’è Geronzi e qualcun altro… Uno che ha ricevuto un trattamento non proprio gentile da Profumo, che all’estero hanno lavorato ben bene su Unicredit. Hanno venduto, venduto fino a creare lo smottamento. Stanno cercando di far mancare il terreno sotto i piedi a Profumo. Fuori da queste speculazioni la banca va avanti che è un piacere, non si fermano le fusioni, si razionalizza tutto. Soffre la Corporate, il resto no…”

“Stupidaggini, Geronzi non ha alcun interesse, ha i suoi problemi. Lei vuole pescare nel torbido”.

“Può darsi, non ho il dovere di dirle la verità, dico quello che mi pare. Punto…”

“E’ recessione, vero?”

“E lo chiede a me, non si guarda attorno? I consumi sono bassi le banche lesinano quattrini, hanno prestato denaro per i mutui e sono in sofferenza, la gente non paga. Alle piccole imprese non si concede niente, alle grandi non si nega nulla. I crediti al consumo sono fuori gioco. Si presta qualche soldo a chi ha buoni stipendi erogati da enti pubblici”.

“La percezione non è la realtà”

“Ma lasci stare, non sa di che cosa parla. La percezione è sostanza, le paure fanno più danno della realtà. E i direttori d’orchestra stanno nel mercato finanziario, le grandi aziende possono soltanto aspettare che torni il sereno… Forse a fine del 2009, se sopravviviamo”.

“A che cosa?”

“Noi dell’Unicredit, siamo in pericolo ma siamo meglio degli altri. Se dovesse esserci uno tsunami sul nostro bagnasciuga, dovremo scontare i nostri peccati. Il decreto del governo protegge depositi e banche, ma tocca a Berlusconi e Tremonti decidere di caso in caso… Capisce?”.

“No, non capisco”.

“Va bene, non fa niente”.

“Fallirà?”

“Ma che dice! In Italia non è mai fallita nessuna banca, nemmeno nei tempi più bui. Non conosce la storia? C’è stato un istituto di credito siciliano che stava per fare il tonfo, la Cassa di Risparmio per le Province siciliane. La fecero acquistare dal Banco di Sicilia, che a sua volta fu regalata ad un’altra banca e da questa al Banco di Roma, poi Capitalia e infine Unicredit… Un percorso da ciclocross. Ma non è fallito nessuno, è come a dama, si mangiano i pedoni, uno dopo l’altro…”

“Ci protegge la storia?”

“No, ci proteggono i pescecani. Inghiottono tutto e quando vanno a fondo, si trovano a loro agio”.

 

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